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Oscar insanguinato (1973) [BluRay.HEVC.720p.x265.ITA.ENG.AC3.Sub.ITA.ENG.Forced.ITA] EasyBytez
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Nelle voci che trattano di opere di finzione, come ad esempio un romanzo o un film, è utile riportare la trama, cioè un riassunto degli eventi raccontati, senza scendere troppo nei dettagli. Si ricorda che la trama non è l'unica parte fondamentale della voce e occorre dare spazio anche ad altre sezioni di approfondimento sull'opera come ad esempio un eventuale recensione (la genesi, il suo impatto culturale e così via).
L'obiettivo della trama è quello di aiutare il lettore a comprendere l'importanza degli eventi raccontati nell'opera o delle azioni compiute dai personaggi. Un'opera di finzione non è necessariamente enciclopedica esclusivamente per gli eventi che racconta: oltre a descriverne la trama, se si dispone di fonti da citare, è bene evidenziarne il significato e l'impatto esercitato sulla cultura e sulla società. La cosa vale per le opere di fiction esattamente come per tutti gli altri generi di voci.
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Oscar insanguinato (1973) [BluRay.HEVC.720p.x265.ITA.ENG.AC3.Sub.ITA.ENG.Forced.ITA] EasyBytez
Titolo originale: Theatre of Blood
Paese di produzione: Gran Bretagna
Anno: 1973
Durata: 104' min.
Genere: Thriller; Horror
Regia: Douglas Hickox
Soggetto: Stanley Mann, John Kohn sulla base delle tragedie di William Shakespeare
Sceneggiatura: Anthony Greville-Bell
Fotografia: Wolfgang Suschitzky
Montaggio: Malcolm Cooke
Musiche: Michael J. Lewis
Scenografia: Michael Seymour
Vincent Price: Edward Lionheart
Diana Rigg: Edwina Lionheart
Ian Hendry: Peregrine Devlin
Harry Andrews: Trevor Dickman
Coral Browne: Miss Chloe Moon
Robert Coote: Oliver Larding
Jack Hawkins: Solomon Psaltery
Michael Hordern: George Maxwell
Arthur Lowe: Horace Sprout
Robert Morley: Meredith Merridew
Dennis Price: Hector Snipe
Milo O'Shea: Inspector Boot
Eric Sykes: Sergeant Dogge
Madeline Smith: Rosemary
Diana Dors: Maisie Psaltry
Joan Hickson: Mrs. Sprout
Renée Asherson: Mrs. Maxwell
Edward Lionheart, un attore teatrale gigione, purista e di antica impostazione, decide di vendicarsi dei critici che hanno snobbato le sue interpretazioni negandogli un importante premio teatrale (nulla a che vedere con quello hollywoodiano del titolo italiano). Aiutato da sua figlia Edwina, Lionheart si finge morto e fa giustizia dei suoi detrattori, inscenando per ognuno un delitto ispirato alle uccisioni che vi sono in alcune tragedie di William Shakespeare e da lui recitate: Giulio Cesare, con l'accoltellamento della prima vittima da parte di un gruppo di barboni; Troilo e Cressida con lo scempio di un corpo trascinato da cavalli come Ettore ucciso da Achille; Cimbelino, con una singolare decapitazione sul letto da un'équipe chirurgica; Il mercante di Venezia in un improvvisato teatro, viene squarciato il petto e gli viene prelevata la celebre "libbra di carne"; Riccardo III con l'annegamento in una botte di vino in un'enoteca, come Clarence; Otello dove un uomo viene convinto di un inesistente tradimento coniugale arrivando ad uccidere sua moglie, subendo l'inevitabile condanna all'ergastolo; Enrico VI dove il rogo di Giovanna D'Arco ha luogo su un'improvvisata sedia elettrica in un salone di parrucchiere e Tito Andronico dove ad un goloso critico viene servito a sua insaputa un pasticcio cucinato con i suoi cani, che - come egli dice - ama come se fossero suoi figli, per quindi esser costretto ad ingurgitarlo fino alla morte per soffocamento. Il coprotagonista, il critico Devlin, viene risparmiato in uno scontro con Lionheart armato di fioretto con lama tagliente, esattamente come tra Tibaldo e Mercuzio in Romeo e Giulietta, ma nel finale sta per subire il martirio del Re Lear per accecamento. Tuttavia, una volta salvatosi e morto Lionheart, Devlin deve riconosce all'altro l'abilità nell' "uscire di scena".
Una delle più geniali e suggestive vendette della storia del cinema si consumò in teatro: un teatro di sangue, per l'appunto. "Theatre of blood" è, difatti, il titolo originale (da noi riadattato come "Oscar insanguinato") di una godibilissima pellicola di Douglas Hickox, magistralmente interpretata dall'icona horror Vincent Price. Il film, strutturato su un' affascinante trovata narrativa, ovvero immaginare un assassino che compie i suoi delitti secondo un rituale che ha come schema unico l'emulazione-(re)interpretazione di noti drammi shakespeariani, ha al contempo una struttura horror e un retrogusto di commedia nera. Srotoliamo brevemente il plot. Conrad Edward Lionheart, noto attore teatrale shakespeariano, distrutto dalle critiche negative per le sue interpretazioni, si toglie la vita. In un primo momento non sappiamo bene il come, né il frangente in cui si dette la morte. Quando poi, a due anni di distanza dall'accaduto, cominciano a morire, in un breve intervallo di tempo, i più importanti critici teatrali inglesi, qualcuno comincia a sospettare che Lionheart sia tornato. Non dalla tomba però, come si potrebbe pur pensare, in quanto il corpo dell'attore non era mai stato ritrovato. Ma come morì Lionheart? E cosa gli imputava la critica? Essendo una sorta di thriller-horror, non vi svelerò i misteri di questo assassino burlone, che si farà beffe di tutto e tutti, con una sagacia tattica da stratega militare, ma soprattutto con un estro proprio ai creativi, agli artisti veri. Lo vedremo "chirurgo", abile spadaccino, parrucchiere per signora un po' frù frù, massaggiatore, esperto degustatore, sopraffino gourmet, sempre e comunque attore sul proscenio. Sempre in parte, tanto da non lasciare allo spettatore, nonché ai malcapitati critici oggetto della sua folle vendetta, la possibilità di capire dove sia l'uomo rispetto all'interprete. Anche se, forse è giusto credere, siano stati inevitabilmente una cosa sola. L'epilogo resta in linea con la narrazione, consumato in una cornice che più teatrale non potrebbe essere. Strutturato narrativamente in maniera molto simile ad uno dei capolavori dell'horror, che aveva avuto sempre Price come protagonista ("L'abominevole Dr. Phibes" di Fuest, datato 1971, che ispira la sua macabra vendetta a vicende dell'Antico Testamento. Ebbe anche un sequel, l'anno successivo, sempre con Price protagonista, da noi uscito col titolo "Frustrazione"), "Oscar insanguinato" si diversifica dall'illustre predecessore per le forti dosi di humour nero, lì totalmente assenti. Phibes è infatti un personaggio fortemente malinconico, interpretato da Price in modo spettrale e altrettanto teatrale, che deve vendicarsi di una equipe di chirurghi che avevano abbandonato l'amata moglie in sala operatoria, dandola per morta. Nella pellicola in questione invece, pur riprendendo tratti distintivi del personaggio precedentemente interpretato (e divenuto notissimo nella cerchia dei cinefili appassionati del genere), Vincent Price si produce in una performance meno misurata, più istrionica e sfaccettata, che contribuì a consacrarlo tra gli immortali della celluloide, oltre che del teatro. Non è un caso che un vero e proprio genio della settima arte quale è Tim Burton, si sia ispirato alla figura di Price per il suo primo, notevole e quanto mai originale cortometraggio ("Vincent"), né che gli abbia affidato un ruolo simbolico e affascinante in uno dei più bei lungometraggi hollywoodiani degli ultimi trent'anni ("Edward mani di forbice"), che il destino volle fosse la sua ultima, emblematica apparizione sul grande schermo. Price mattatore assoluto dunque, irrinunciabile istrione per un film che ha molti altri punti a suo favore. Prima di tutto la sceneggiatura, agile, snella, essenziale nonostante le continue citazioni e i rimandi all'opera del Bardo, ottimamente strutturata al di là delle inevitabili incongruenze che un simile copione può portar con sé. Proprio le citazioni shakespeariane, invece, nel loro sopraggiungere come sentenza che anticipa la morte, sono una gustosa trovata di scrittura, apprezzabile non solo dai (tanti, voglio ancora sperare) lettori del commediografo e drammaturgo inglese, ma anche da coloro che amano le contaminazioni tra le arti, tra cinema e alta letteratura, soprattutto quando si partoriscono opere che trovano una sintesi strutturale che non appesantisce la narrazione, come nel caso in questione. Suggestivo e funzionale alla storia anche l'uso della macchina da presa, che privilegia il dettaglio e il primo piano sui volti, per amplificare l'effetto straniante delle rappresentazioni - esecuzioni, al contempo buffe e solenni, degne della ribalta di un popolo di straccioni. Sono in effetti gli straccioni, che lo avevano aiutato a rimettersi in sesto dopo averlo ritrovato morente sulle rive del fiume cittadino, il principale uditorio di Lionheart, il quale, aiutato dalla devotissima giovane figliuola (un'ottima Diana Rigg, davvero bella: non lascia indifferenti), costruisce una messinscena grandguignolesca. Il Giulio Cesare, Il mercante di Venezia, il Tito Andronico fino al Re Lear: nove rappresentazioni per nove imputati, futuri cadaveri. Ma uno di essi, probabilmente il più coerente nel proprio giudizio, malgrado la furia di Lionheart, si salverà. L'ultima nota che vi propongo vuole infatti porre l'accendo sul tema che filtra dalla scia di sangue: la critica alla critica ufficiale. Ovvero, quanto dei "borghesi pennivendoli" possano distruggere morale, carriere e sogni degli artisti. Anche dei più bravi, dei più appassionati. E in tutto ciò c'è una punta di affinità con la vita dell'iperbolico Vincent Price, ora ricordato come un grande, ma sempre inquadrato e immaginato come icona horror. Lui che aveva sempre tenuto ad essere considerato attore a tuttotondo, che aveva nelle corde qualsiasi tipo di personaggio, ma che non poté mai evadere troppo dal genere per cui oggi noi appassionati lo ricordiamo. Rendendogli pertanto il giusto omaggio. Senza alcun dubbio, unitamente a "L'abominevole Dottor Phibes", "Oscar insanguinato" è un'opera che non può mancare negli scaffali degli amanti dell'horror. Comunque sia, consigliabile a tutti. Da riscoprire e rivalutare. Curiosità: Nei titoli di testa (davvero un incipit memorabile), sulle suggestive note di Michael J. Lewis, vengono proposte scene da vecchie versioni cinematografiche delle tragedie shakespeariane, in cui riconosciamo un'altra indimenticata icona dell'horror anglosassone, Peter Cushing, nonché il britannico Lawrence Olivier, attore di teatro per eccellenza.
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Generale
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